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La nascita del Giappone moderno in dieci capolavori: I. La Villa imperiale di Katsura

Alla scoperta degli edifici che hanno plasmato il Giappone del Novecento con una guida d'eccezione.

by Nanban

L’avvento del modernismo di inizio Novecento è stato un punto di svolta nella vita dei giapponesi, una rivoluzione che ha travolto secoli di tradizione aprendo a nuove soluzioni creative prima impensabili, fondate su una sintesi unica fra influssi occidentali e specificità estetiche locali.

Se il Giappone di oggi si distingue radicalmente, nel bene e nel male, dall’idea che ancora traspare per esempio dalle strade del celebre quartiere delle geishe di Gion a Kyoto, il seme di questo cambiamento è da ricercare nelle principali architetture del modernismo, i cui germogli hanno attecchito nelle città trasformando definitivamente, nei materiali e nelle proporzioni, l’aspetto tipico delle piccole e grandi città giapponesi.

Il grande fotografo Hiroshi Sugimoto, da sempre molto legato all’estetica modernista, ha individuato una selezione di dieci edifici paradigmatici per il modernismo giapponese, in un'ideale percorso che, non a caso, prende spunto dalla straordinaria Villa imperiale di Katsura per passare poi in rassegna i vertici del modernismo nipponico e non solo.

I. Villa imperiale di Katsura (XVII sec.)

Tutti i movimenti culturali hanno dei punti di riferimento e il Modernismo giapponese non fa eccezione: la Villa imperiale di Katsura si può dire che ne costituisca l’ideale punto di partenza.

La Villa era già nota nel mondo della cerimonia del tè e Sutemi Horiguchi, celebrato architetto e storico dell’architettura giapponese ma anche maestro della cerimonia del tè, aveva già in tempi non sospetti espresso il suo apprezzamento per la sua architettura.

Ma è la visita di Bruno Taut in Giappone nel 1933 a renderla celebre a livello internazionale, al punto che Arata Isozaki, nella raccolta di saggi dedicata alla Japan-ness - ovvero all’identità specifica dell’architettura giapponese - nel delimitare la genesi di tale identità segna come data di inizio il secondo giorno della permanenza di Bruno Taut in Giappone, quando il suo amico Isaburo Ueno lo porta in visita alla residenza imperiale di Katsura.

“Pura architettura nuda. Commovente-innocente come un bambino”, la definisce Taut, affascinato dal suo impianto a “stormo di oche in volo”, che rappresentava per lui “l’arte libera di uno spirito libero”. La stessa libertà che si respira nel movimento modernista. Al Katsura rikyū “ogni elemento – casa, acqua, pontile per le imbarcazioni, albero, pietra – ha una vita propria, come una buona società” e “L’intero complesso, da qualunque lato lo si osservava, seguiva in ciascuna delle sue parti e in modo assolutamente elastico la finalità che ognuna di esse, non meno del tutto, era destinata ad assolvere, la normale utilità quotidiana o la rappresentanza, oppure l’espressione di una elevata spiritualità filosofica. La cosa meravigliosa era che tutti e tre questi scopi erano cosi intimamente connessi in una unità, che non si percepivano confini tra l’uno e l’altro.”

Prima di Taut, il Santuario Nikko Toshogu, con le sue straordinarie decorazioni, era considerato la massima espressione della bellezza giapponese, ma si trova inevitabilmente agli antipodi per il movimento modernista, che punta a un’ideale di semplicità e frugalità.

Infine, la sintesi perfetta fra interni ed esterni, con uno dei più emozionanti giardini in stile giapponese del Giappone la cui presenza “domina a tal punto lo spazio che tutte le superfici delle pareti appaiono studiate per rifletterlo”.

Immergersi ancora oggi in questa straordinaria creazione, portata a termine in due generazioni dalla casata imperiale degli Hachijō-no-miya, oltre ad un’esperienza irripetibile, è il perfetto punto di partenza per comprendere gli sviluppi del modernismo giapponese.

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