Non è il Giappone delle cartoline, quello delle luci dell’incrocio di Shibuya, quello rappresentato con grazia patinata da Sofia Coppola, neppure quello un po’ stereotipato degli anime o di autori come Takashi Miike e nemmeno si avvicina alle narrazioni folli ed esplosive di Shinya Tsukamoto: il cinema di Hirokazu Kore'eda guarda altrove, negli angoli apparentemente meno eclatanti, nei vicoli anonimi dove milioni di giapponesi trascorrono le loro vite un giorno dopo l’altro.
Eppure, un po’ come ovunque nel mondo, non è sotto ai riflettori che si nasconde l’anima più autentica di un popolo e le storie talvolta incredibili che costellano il quotidiano sono spesso più nobili e profonde delle ricostruzioni più ammiccanti che se ne fanno.