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Etnografia architettonica

Definire l'architettura giapponese e il modo di fare architettura oggi al Padiglione Giappone della Biennale di Venezia: dal semplice obiettivo della costruzione all'inclusione di un più ampio spettro di attività, che spaziano dall'osservazione all'indagine e alla mappatura.

by Giacomo Donati

La pratica dello studio di architettura Atelier Bow-Wow rappresenta l’ultimo tassello sin qui, l’esito attuale e in progress di un percorso continuo di analisi ed elaborazione che attraversa l’architettura giapponese dal primo Novecento ad oggi e che, partendo dai primi esperimenti modulari di Kiyoshi Seike e passando attraverso la lezione di Kazuo Shinohara prima e del suo allievo Kazunari Sakamoto poi, ha condotto lo studio a rivolgere la propria attenzione alle dinamiche che si instaurano fra l’architettura, i luoghi e chi ne usufruisce.

Ukiyo-e Museum by Kazuo Shinohara

Queste indagini hanno condotto a diversi lavori, sia teorici, sia progettuali.

I volumi Made in Tokyo e Pet Architecture del 2001, per cominciare, in cui l’Atelier analizza la natura peculiare dello sviluppo urbano di Tokyo a partire dal dopoguerra, spesso attraverso azioni non pianificate ma frutto di attività individuali comunque amalgamate al contesto; proseguendo poi con l’influente testo elaborato per la Biennale di Architettura di Venezia del 2010, Behaviorology, che esplora non soltanto i comportamenti degli individui all’interno e all’esterno degli edifici, ma anche l’effetto degli elementi naturali su di essi e quello degli edifici stessi rispetto al contesto circostante: ciò, allo scopo di comprendere questi fenomeni per renderli parte integrante del progetto, alla ricerca di una sintesi, di una vera e propria composizione che ottimizzi il rapporto fra architettura, individuo e ambito in cui si colloca.

© Éva Le Roi

Il risultato, a livello progettuale, sono svariati edifici, inseriti in contesti estremamente variegati e connotati da soluzioni ed estetiche anche molto eterogenee, con frequenti riferimenti alla tradizione ma anche espedienti radicalmente innovativi.

Momoyo Kaijima - cofondatrice insieme a Yoshiharu Tsukamoto dell’Atelier - assieme a Laurent Stalder e Yu Iseki ha voluto proseguire il discorso all’ultima Biennale di Architettura - che si è concluso lo scorso 25 Novembre 2018 - curando il Padiglione del Giappone con un’esposizione il cui tema è Etnografia Architettonica.

Un concetto già insito nel lavoro dell’Atelier Bow-Wow, ma che si è fatto più evidente quando quest’ultimo si è trovato a lavorare nel villaggio di Momonoura, nella Prefettura di Miyagi, alla ricostruzione del villaggio di pescatori severamente colpito dal terremoto e dal maremoto del Tōhoku del 2011: in quell’occasione, raccogliendo le testimonianze della popolazione locale, è emersa infatti la consapevolezza che “piuttosto che effettuare studi urbani, era più come se fossimo entrati nei metodi dell'etnografia” e “una volta preso un approccio etnografico [per studiare la vita del villaggio, N.d.R.], cominci a vedere la realtà industriale, la città ad esempio, allo stesso modo”, con la conseguenza che, “tutto a un tratto, lo spazio in cui stai vivendo diventa esso stesso oggetto del tuo studio sul campo” (Y. Tsukamoto, Islands and Villages - Atelier Bow-Wow in Momonoura).

L’architettura dunque non più intesa come semplicemente finalizzata alla costruzione, ma anche e piuttosto come insieme di attività di osservazione, indagine e mappatura, perché, nelle parole dei curatori “la vita supera l’architettura”.

© Drawing Architecture Studio

Nel padiglione vengono dunque raccolti 42 progetti realizzati in giro per il mondo negli ultimi 20 anni, ognuno dei quali - attraverso tecniche e approcci differenti - affronta il canone progettuale in maniera diversa dal solito, volendo sintetizzare più “umanistica”, spingendosi fino a livelli di dettaglio estremi al fine di affrontare più da vicino, quasi intimamente, le finalità specifiche del progetto e il suo impatto complessivo, finanche tralasciando di primo acchito l’obiettivo concreto del costruire, in un gesto talvolta puramente artistico o ricognitivo e che pure, ciononostante, rappresenta esso stesso un fondamento imprescindibile del lavoro dell’architetto.

Se il concetto di Behaviorology - oggi divenuto una cattedra tenuta all’ETHZ di Zurigo proprio da Kaijima - rappresenta, più che una scienza, quasi un manifesto racchiuso in un singolo termine, l’Etnografia architettonica appare come la sua naturale conseguenza, e il lavoro portato avanti attorno a queste tematiche un invito a tutti gli architetti a guardarsi di più attorno, a ficcare il naso, a curiosare ed essere curiosi del mondo, dei saperi diffusi, di come le cose evolvono ogni giorno per l’azione incessante della vita umana sulla terra; un invito e un appello, per un’architettura sempre più calata nei luoghi e non acefala, scollegata dal tessuto che la accoglie.

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