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Vivere da Tesoro Nazionale

Un modo diverso di intendere la tutela delle arti performative e delle arti applicate, che dovrebbe fare scuola ovunque.

by Giacomo Donati

Chiunque abbia messo piede in Giappone sa quanto sia forte il connubio fra presente e passato, in un equilibrio all’apparenza fragilissimo, sottoposto com’è alle continue spinte di una ultra-contemporaneità - tipica di un paese costantemente proiettato verso il futuro - eppure reso possibile da una legame altrettanto saldo e indiscutibile del popolo giapponese con le proprie tradizioni.

Certo, i tempi cambiano e non è detto che tale attaccamento resista agli stravolgimenti sociali di questi ultimi decenni, ma intanto nessuno sembra mettere in discussione uno dei principali istituti che proteggono e sostengono le tradizioni culturali e artigianali passate.

Un'opera di Keisuke Serizawa

In Giappone un tema sensibile e importante come questo ha preso, dal 1950, una direzione unica e straordinaria: prima di quell’anno, provvedeva l’Imperatore a offrire protezione agli artisti degni di menzione, commissionando loro opere che avrebbero arricchito le collezioni imperiali, ma l’esaurimento, con la fine del secondo conflitto mondiale, del ruolo di primo piano dell’Imperatore, è stata l’occasione per la creazione di uno degli istituti più nobili del Giappone contemporaneo, vale a dire, il titolo di Tesoro Nazionale Vivente (人間国宝).
Ora, a voler essere precisi, il titolo è il frutto di una romantica reinterpretazione di un concetto più freddamente burocratico - Conservatore di un Importante Bene Culturale Intangibile - ma il risultato non cambia.

Diversi paesi, infatti, prevedono dei meccanismi a sostegno di artisti e uomini di cultura che, pur contribuendo in maniera sostanziale allo sviluppo delle arti, non sono magari in condizione di provvedere ai propri bisogni autonomamente (in Italia, ad es. esiste l’encomiabile legge Bacchelli), e altri paesi ancora stabiliscono misure a tutela di manifestazioni artistiche o artigianali in pericolo.

Un'opera di Fujinuma Noboru

Tuttavia, la sintesi elaborata nel Sol Levante per affrontare questi problemi è affatto particolare.

A pensarci, è incredibile che soltanto in Giappone si sia giunti a questo riconoscimento (poi imitato da alcuni paesi, come la Corea del Sud), che sposta i termini cronologici della consueta celebrazione degli eroi nazionali: anziché attendere la conclusione dell’avventura terrena dei propri esponenti migliori, si celebra il raggiungimento da parte di questi di un traguardo in discipline tradizionali, vuoi performative, vuoi in ambiti più legati alle arti applicate, mentre sono ancora in vita e se ne supporta attivamente l’attività.

Considerare beni culturali non solo gli oggetti, le opere, le produzioni lasciate, ma anche le persone che le hanno create, riconoscendone il valore inestimabile ancor prima che ci abbiano lasciati esse stesse: una piccola ma immensa rivoluzione copernicana.

I magistrali interpreti di arti sconosciute ai più, al di fuori dell’arcipelago, ma vitali e fondamentali per raccontare e definire il Giappone - non solo il teatro Noh o il Kabuki, che un minimo di notorietà l’hanno raggiunta, ma il Rakugo, il Gagaku, il Bunraku, il Kumi odori ed altre arti performative legate a musica, danza - ricevono onori e riconoscimenti (anche pecuniari) in vita, ma lo stesso incredibilmente vale per i maestri di arti applicate di vario genere, dalle nostre parti considerati magari semplici artigiani (eccelsi forse, ma difficilmente più che artigiani): dalla ceramica, ai tessuti, dalla lavorazione della lacca, alla realizzazione di bambole, ogni attività artigianale subisce lo straordinario trattamento.

Samiro Yunoki

Leggende come Keisuke Serizawa o Samiro Yunoki per i tessuti, Shōgyo Ōba e Yoshikuni Taguchi per la lacca, Hōzan Yamamoto per il flauto giapponese (il c.d. Shakuhachi), Shoji Hamada e Kôsei Matsui per la ceramica, Yamase Shoin per il Koto, Fujinuma Noboru per l’intreccio, Masamine Fumitani per le lame, Ryūjo Hori per le bambole, Bandō Tamasaburō V per il Kabuki, fra gli innumerevoli altri, tutti riuniti in un unico calderone: una miscela che scompagina le etichette e le categoriche distinzioni occidentali, restituendo all’arte la sua dimensione universale.

Un'altra piccola meraviglia, made in Japan.

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